L’antico mulino del Piano o del Tač

Il Mulino dul Tač

Il mulino dul Tač

Il mulino dul Tač si trova al Piano, in prossimità della fermata di Zornasco della Ferrovia Vigezzina, sul lato destro della via provinciale per quella frazione.

Si tratta di una costruzione secentesca a forma di “L” sviluppata su due piani di cui uno seminterrato. Sul lato est, opposto alla strada si trovano le strutture idrauliche motrici, due ruote verticali e una orizzontale posta in un vano interno dell’edificio stesso.

Perché “Mulin dul Tač”?

Questo mulino, il più grande dei 54 ancora esistenti nei primi decenni dello scorso secolo in Valle Vigezzo, rimase operativo sino al 1979 .

Il suo proprietario era Francesco Ielmoli detto Tač , ultimo mugnaio di un’intraprendente famiglia originaria di Toceno già attiva al Piano alla fine dell’Ottocento. Il soprannome deriva dalla parola “matač”, che nel dialetto locale significa “ragazzo”.

Struttura

Il Mulino comprende un ampio locale con tre macine dedicate a diverse lavorazioni per prodotti alimentari: per segale e frumento , la prima; per ricavare farina integrale (senza separazione dalla crusca) la seconda; e per le castagne e il granoturco, la terza.

Una quarta macina serviva invece da frantoio per sfibrare la canapa , indispensabile elemento nella limitata produzione tessile locale.

Il mulino era mosso dall’acqua derivata dal Melezzo orientale che scorre distante una cinquantina di metri dal fabbricato mediante una lunga roggia. Quest’ultima, in origine, forniva potenza anche per un’altra macchina idraulica posta più a monte.

Oltre alle apparecchiature, il fabbricato ospitava l’alloggio del mugnaio, spazi dediti alla manutenzione corrente dei rotismi e anche una piccola stalla per un asino , utilizzato per il trasporto delle granaglie.

Un bene di tutti

La preziosa opera del Mulino dul Tač, l’ultimo rimasto attivo tra i numerosi della Valle, era estesa a tutti i Vigezzini di qualsiasi estrazione sociale. Come ricorda Luciano Bianconi, infatti, il mulino “Doveva fornire la farina anche a chi non aveva niente. In cambio, queste persone, andavano la domenica mattina ad aiutare a lavorare, e generalmente pulivano la roggia”.

Oggi, vale lo stesso principio di condivisione, benché in maniera diversa. Il Mulino è infatti a disposizione di chiunque voglia visitarlo e proprio a questo scopo sono serviti i lavori di ammodernamento che l’hanno trasformato a pieno titolo in un museo.

Dal 2000: il restauro e il recupero funzionale

Nei primi anni del 2000 il Mulino è stato acquistato dal Comune di Malesco.
L’Ente ha provveduto a un’oculata operazione di restauro tesa al recupero funzionale sia delle apparecchiature, che dello stabile, includendolo così nel percorso dell’Ecomuseo Ed Leuzerie e Di Scherpelit nell’estate del 2007.

Con i lavori di ripristino, l’azionamento è ora garantito da un circuito idrico più ridotto, che tuttavia mantiene integro il primitivo insieme di canalizzazioni e paratoie atte ad alimentare le ruote motrici.

Tutti gli ambienti sono stati recuperati e rappresentano un reale vissuto storico non solo del mulino, ma di tutto ciò che orbitava attorno a esso.
Grazie una serie di pannelli ed audiovisivi , utilissimo supporto didattico, comprenderete infatti il funzionamento dei macchinari e scoprirete tutta filiera dei prodotti ivi lavorati.

Testimonianze

In attesa della vostra visita, ecco qualche curiosità legata a questo importante pezzo della storia vigezzina.

Prodotti

Una volta si macinava e si setacciava tutto, anche il riso e la canapa. Quest’ultima era anche utilizzata per realizzare la “tela da cà”, tessuto per lenzuola e camicie.

Il Mulino durante la guerra

La comunità ricorda che, in tempi di guerra, la segale veniva macinata di notte in modo da non essere scoperti dai tedeschi. Il mulino, che in realtà doveva restare chiuso dalla sera alla mattina, era sorvegliato da un compiacente maresciallo della finanza di Santa Maria Maggiore. In cambio di farina bianca, infatti, rendeva agibile la struttura. Era necessario, però, che qualcuno facesse la guardia. A questo scopo, venivano mandati i bambini. Questi, se intravedevano i fari di una macchina, sapevano che si stavano avvicinando i tedeschi. Se si trattava della dinamo di una bicicletta, erano i finanzieri. In entrambi i casi, dovevano subito correre al mulino e farlo chiudere.

Il mugnaio

L’ultimo passaggio della giornata lavorativa era la setacciatura della farina, che doveva separarsi bene dalla segale. A volte, però, il Tač l’allungava con qualche manciata di crusca.
Il Tač era solito fare il furbetto e allungare le mani sulla farina. Una volta, nel locale dove si pesava e in cui era collocato un crocifisso, qualcuno gli disse: “Ielmoli, non hai paura che il Signore ti veda?” E lui rispose “No, ormai è vecchio, non ci vede più”. Poco tempo dopo, Ielmoli staccò gli occhi al crocifisso perché non controllasse.

 

Si ringraziano Luciano Bianconi e Marco Ielmoli per le loro preziose testimonianze.

Si ringrazia l’associazione “Agape” e in particolar modo Chiara Di Pietro.

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