Casa Giovanni Cavalli

Casa di Giovanni Cavalli

Tra le vie del centro storico di Finero, frazione di Malesco, sorge la casa appartenuta a Giovanni Antonio Cavalli, meglio noto come “dutùr véč”.

Figura tra gli edifici di interesse dell’Ecomuseo non solo per aver ospitato l’illustre chirurgo, ma anche per il suo pregio a livello architettonico.
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Origine e struttura

Si ipotizza che la casa, di tre piani, sia stata costruita tra il 1600 e il 1800.
Grazie alla preziosa testimonianza di Lucia Pironi, conosciamo la disposizione dell’edificio prima degli anni Ottanta. Di seguito la descrizione:
“Su via Al Sasso al civico n°7 vi era una larga scala esterna, composta da otto gradini da un metro e 70. Questa conduceva alla porta d’ingresso, a doppia anta, del piano rialzato.
Entrando da qui, si giungeva a un corridoio con due finestre che portava a due camere da letto, all’unico piccolo servizio presente nell’abitazione e alla cucina.
In via Mazzarocco al civico n° 5, invece, si trovavano 3 gradini per l’accesso ad un’ulteriore porta d’entrata. Dietro a questa, c’era una cucina spaziosa con un grande camino e pavimentazione in piode locali. Una finestra si affacciava su piazza Cavalli.
Da questo locale si diramavano collegamenti agli altri livelli dell’edificio. C’era, infatti, una prima porta che si apriva sulla scala verso il primo piano: qui si trovavano le tre camere da letto, tutte con finestre su piazza Cavalli e via Al Sasso.
Una seconda porta nascondeva la scala che conduceva alla cantina nel seminterrato, e una terza si collegava al corridoio dove c’era il servizio.

Al piano seminterrato, situato in via Al Sasso n°2, vi era l’accesso a due locali.
Il primo, molto spazioso, era presumibilmente uno studio. Aveva tre finestre: due su piazza Cavalli e una su via Al Sasso.
Il secondo era una cantina, a cui si accedeva anche per mezzo della scala dalla cucina del primo piano. La stanza era dotata di una piccola finestra su piazza Cavalli e persino di una sorgente d’acqua fresca.

Ristrutturazione
Come accennato, l’edificio subì lavori di ristrutturazione che portarono alla perdita delle caratteristiche originali.
Sappiamo per certo, sempre grazie all’aiuto di Lucia Pironi, che il balcone presente in una camera del piano rialzato è stato aggiunto in seguito. Lo si nota in quanto copre parzialmente l’affresco della facciata.

Un elemento che ha mantenuto lo stesso aspetto nel corso degli anni è, invece, il tetto. Costruito in piode secondo la tecnica tradizione, va a formare una copertura che si definisce a padiglione.

L’uso attuale a cui è destinato l’edificio è, come in passato, residenziale.

 

Si ringraziano Laura Ferrari e Laura Cavalli per le loro preziose testimonianze.

Si ringrazia l’associazione “Agape” e in particolar modo Caterina Vanni.

Riscrittura per l’ottimizzazione SEO a cura di Chiara Selva.

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