Giovanni Antonio Cavalli nasce nel 1779 ed è ricordato in Valle Vigezzo come abile chirurgo, in particolar modo nel campo dell’ostetricia. Si fa chiamare “ul dutùr véč”, il dottore vecchio. Si laurea a Vienna alla giovane età di vent’anni. Poco dopo, combatte a Malesco e viene rapito dai francesi. Viene liberato a Pavia solo nel 1806. Negli anni di attività opera sempre egregiamente e suscita l’ammirazione per l’immenso coraggio in un’occasione particolare. Si racconta, infatti, che il dottor Cavalli si sia operato l’appendice da solo. Affetto da un dolore acuto al basso ventre, attende che tutti se ne vadano per riunire i ferri del mestiere e praticare l’intervento. I famigliari, rientrando, lo trovano svenuto ma l’operazione è andata a buon fine. Il dottor Cavalli muore nel 1866 e passa il testimone di medico del paese al figlio Federico. Fonti:Abile chirurgo
Dopo il trasferimento dalla natia Finero a Malesco, la carriera di medico decolla. Cavalli è il primo medico a cui viene affidata la gestione dell’Ospedale Trabucchi e il professionista a percepire lo stipendio più alto dell’epoca. Secondo il resoconto di Giacomo Pollini, si trattava di un assegno da 60 lire annue.
Lo stesso storico riporta che nell’anno della fondazione della Scuola Elementare Femminile, ovvero nel 1827, il chirurgo ricopre anche la carica di sindaco di Malesco.Uomo coraggioso e generoso
Il dutùr véč è anche noto per la sua passione per la montagna. Agli alpeggi, tuttavia, si reca sempre accompagnato da un paio di persone. Si trova in alta quota, in valle Cannobina, quando dimostra di avere anche un cuore d’oro.
Qui, il capo di una banda di briganti si è ferito a una gamba. I suoi compagni cercano soccorso e lo trovano nel dottore che, pur consapevole delle attività degli uomini, opera l’arto fratturato senza indugio. Qualche giorno dopo, nel suo cortile, compare un tromboncino a pietra focaia come segno di gratitudine da parte dei malviventi.
Giacomo Pollini, “Notizie storiche, statuti antichi, documenti e antichità romane di Malesco”, Carlo Clausen, Torino, 1869
Si ringrazia l’associazione “Agape” in particolar modo Caterina Vanni
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