Uomo che affila la falce – Um cu mertèlle la rànze

La falce, “rànze”, (attrezzo ora sostituito da macchinari meccanici) veniva martellata e di seguito affilata con una mola di sasso “cùd” per poter essere utilizzata per il taglio del fieno.

Selciare interi prati era un’arte e una fatica.

Dopo aver tagliato il fieno “fèn”, lo si  sparpagliava “spàand” e quindi lo si rivoltava “u’s vòte sì” per farlo seccare nel prato e la sera lo si ammucchiava “u’s và a migià” per diversi giorni finché non era ben secco, allora  lo si portava con il gerlo “rasun” nel fienile “chesìne sùre”, sopra la stalla, per l’inverno.

A causa dell’altitudine e del clima le coltivazioni in Valle Vigezzo erano scarse, il fieno veniva tagliato appena due volte l’anno: la prima “fèn” a luglio  e la seconda, chiamata “arzì “, a settembre.

Col fieno raccolto si sfamavano le bestie per tutto l’inverno, una vacca in più poteva sfamare un’intera famiglia. Nelle cattive annate si raccoglieva anche il fieno detto di “bosco”, cioè quello che veniva raccolto nei monti comunali e nei luoghi inaccessibili al bestiame, che poteva essere tagliato solo dopo il 10 agosto, pena contravvenzione. Nei luoghi impervi veniva utilizzata la falce messoria “mèule”.

“Facciamo Rivivere il Paese”
Scoprire o ritrovare usi e costumi del passato attraverso un viaggio reale e virtuale che appaga la vista e arricchisce l’intelletto.

Progetto ideato e realizzato dall’Accademia dei Runditt di Malesco, liberamente tratto dalla “Storia di Malesco” di Giacomo Pollini 1896 e da testimonianze scritte ed orali di Maleschesi.

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Progetto realizzato con il contributo di:

in collaborazione con:

Illustrazioni di Lorenzo Cancelli

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